Domenica 16 gennaio 2022 – ore 17,00
Centro Eventi “Il Maggiore”
Duo violino e pianoforte
Silvano Minella (violino) Flavia Brunetto (pianoforte)
Musiche di W.A.Mozart, C. Debussy, E. Grieg
Programma
J.S.BACH (1685-1750)
Sonata in si minore BWV 1014
Adagio Allegro Andante Allegro
W.A.MOZART (1756-1791)
Sonata in si bem. maggiore KV 454
Largo. Allegro Andante Allegretto
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E. GRIEG (1843-1907)
Sonata in sol maggiore op.13
Lento doloroso-Allegro vivace
Allegretto tranquillo
Allegro animato
Silvano Minella
È uno dei più noti violinisti italiani. Ospite dei più famosi teatri del mondo, dalla Carnegie Hall al Teatro alla Scala di Milano, e dei più noti Festival, svolge un’intensa attività concertistica internazionale in tutta Europa, in Canada, negli Stati Uniti, in Brasile, in Australia come solista, in duo, con il Nuovo Trio Fauré e con i complessi cameristici “I Solisti di Milano” e ”I Virtuosi di Roma”.
Già titolare della cattedra di Violino presso il Conservatorio di Musica “ Giuseppe Verdi” di Milano, è dedicatario di numerose composizioni di importanti autori contemporanei.
Suona un violino di Mattia Albani del 1695.
Flavia Brunetto
Conclusi con il massimo dei voti gli studi al Conservatorio di Musica di Udine, si è contemporaneamente laureata in lettere classiche presso l’Università di Trieste con il massimo dei voti e la lode.
Ha suonato in duo con musicisti di grande fama quali Jörg Demus, Michel Lethiec, Edson Elias, Emil Klein e le prime parti dei “Solisti Veneti”, dei Solisti di Milano e dei “Salzburger Solisten”.
E’ la pianista del Nuovo Trio Fauré, con cui svolge un’intensa attività concertistica internazioni. Si occupa anche di musicologia.
E’ invitata a far parte di giurie di concorsi pianistici internazionali ed è titolare di cattedra presso il Conservatorio “Jacopo Tomadini” di Udine.
Nulla si sa sulle circostanze che indussero J. S. Bach a comporre le Sei Suonate a cembalo concertato e violino solo; tuttavia è generalmente accettata l’ipotesi forse risalgano agli anni trascorsi dal musicista al servizio del principe Leopold di Anhalt-Köthen (1717-23). Nella Sonata in si minore – che fa parte delle Sonate da chiesa -il cembalo interagisce con il violino come parte melodica di pari dignità e importanza (o addirittura preponderante), in un costante intreccio dialogico; . Il carattere della sonata da chiesa di questi pezzi bachiani si delinea sin dall’inizio dell’Adagio improntato ad una severità di costruzione contrappuntistica. Anche l’Andante non si distacca da questa linea espressiva, raggiungendo forse una maggiore densità e concentrazione musicale. Il primo e il secondo Allegro, invece, sono i tipici movimenti agili e spigliati, non necessariamente virtuosistici, delle Sonate barocche, che preludono allo splendore formale del classicismo.
L’Adagio che apre la Sonata s’articola in due momenti: nel primo il violino si sovrappone all’andamento divagante – molto espressivo -del pianoforte, per poi passare in un secondo momento, a un dialogo tra i due strumenti. L’ Allegro ha le movenze giocose di una Gavotte o di una Bourrée . Nell’ Andante, i due strumenti dialogano in fitto ma sereno intreccio contrappuntistico L’Allegro finale è una fuga compresa fra due parti: La prima vale come esposizione; la seconda come sviluppo modulante del tema.
Delle tre non molte Sonate per violino e pianoforte composte da Mozart nel decennio viennese questa in si bemolle K. 454, composta per la violinista italiana Regina Strinasacchi (e dedicata alla contessa Kobenzi)è da annoverare tra i capolavori Regina Strinasacchi, aveva intrapreso ancor giovane una brillante carriera concertistica. Mozart la conobbe a Vienna nel 1784 e così ne riferisce in una lettera al padre: “Abbiamo qui la celebre violinista mantovana Strinasacchi; suona con molta sensibilità e molto gusto. Sto per l’appunto lavorando a una Sonata che eseguiremo insieme giovedì in teatro”. Per la serata viennese che, alla presenza dell’imperatore Giuseppe II, vide la prima esecuzione della Sonata in si bemolle pare che Mozart si sedesse al pianoforte con un manoscritto non ancora completo e che la parte della Strinasacchi fosse pronta solo poche ore prima del concerto L’introduzione lenta è una maestosa preparazione all’ ‘Allegro col suo tema di note staccate all’unisono e il brillantissimo rincorrersi dei due strumenti pur nel loro mirabile equilibrio Nell’Andante Mozart scava in profondità e crea un sublime “angolo di meditazione”, dove melodia e armonia sono profuse senza risparmio e il dialogo fra pianoforte e violino procede con effetti di eco.L’Allegretto finale è un gentile omaggio al virtuosismo della Strinasacchi. Il tema è affidato al violino, subito contrappuntato per moto contrario dal pianoforte, che lo riprende poi integralmente.
Grieg ha scritto tre sonate per violino.Esempi del suo nazionalismo musicale, contengono tutte riferimenti o somiglianze con la canzone popolare norvegese. Composta nel 1867, la Sonata per violino in sol maggiore op. 13, pervasa da un acceso orgoglio nazionale, è intrisa dell’entusiasmo di Grieg per la musica popolare norvegese, i cui primi e ultimi movimenti, vivaci, prendono come modello il tradizionale”Springtanz” (“dance sautée”).
In essa notiamo un abbondante uso di motivi caratteristici evocanti le culture tradizionali e le atmosfere campestri tipiche nella scrittura del Grieg più maturo e ispirato. Con affascinante maestria di scrittura, a tratti virtuosistica, si succedono un Lento doloroso, dal quale nasce l’ampio Allegro vivace; poi un Allegretto tranquillo e infine l’Allegro animato che, pervaso da un’euforica vitalità, conclude il brano.
Questa sonata è dedicata al compositore e violinista norvegese J. Svendsen. Sulla seconda sonata, G.R. Schjelderup severo critivco musicale, osservava : è “il dono al mondo di un uomo che ha anche rabbrividito nelle fredde nebbie notturne”. Inoltre, a causa delle qualità tragiche della sonata, la considerava il brano più norvegese, sottolinenìando che “una Norvegia senza tragedia non è una Norvegia completa”. L’aneddottica racconta che quando Grieg presentò la sonata al suo maestro N. Gade, costui considerò il lavoro “troppo norvegese” e gli consigliò di esser meno norvegese nella sua prossima composizione , al che Grieg, in segno di sfida, affermò che la sua prossima sonata sarebbe stata ancora più norvegese